Coronavirus e pipistrelli: tra realtà e pregiudizi
di Giuseppe Sperlinga
Non vi sono animali così odiati e vituperati, aborriti e perseguitati, temuti e disprezzati come i pipistrelli. Per tutta una plurisecolare serie di pregiudizi e maldicenze, che ancora oggi continuano a circolare sul loro conto, periodicamente questi innocui mammiferi volatori balzano, loro malgrado, agli onori della cronaca. Da quando è scoppiata la pandemia, sono additati come gli untori del malefico Covid-19 che continua a mietere vittime in ogni parte del pianeta. Sgomberiamo, allora, subito il campo da ogni equivoco e facciamo chiarezza sul ruolo dei pipistrelli europei nella diffusione del virus coronato: vanno assolti per non aver commesso il fatto, perché, poverini, non c’entrano proprio con la pandemia. Il virus non è stato isolato neppure nei pipistrelli cinesi, nonostante studi recenti abbiano mostrato una forte similitudine tra il genoma del Sars-CoV-2 e quello di coronavirus Sars-like presenti nei rinolofi cinesi (i rinolofi sono comunemente noti col nome di pipistrelli “Ferro di cavallo” per una curiosa cartilagine nasale a forma, appunto, di ferro di cavallo). In altre parole, gli studi finora condotti ricondurrebbero il precursore virale di Sars-CoV-2 a una colonia di rinolofi presente circa 1.000 km a sud di Wuhan, nel cui mercato umido (“wet market”) si sarebbe inizialmente propagata l’infezione. Nei wet market, la macellazione di animali avviene al momento dell’acquisto. Per questo motivo si pensa che il mercato di Huanan, nel centro di Wuhan, abbia svolto un ruolo fondamentale nella nascita e diffusione del Sars-CoV-2, che è il virus alla base della pandemia di Covid-19. Dopo l’epidemia di Sars del 2002-2004, la Cina aveva vietato la vendita di animali selvatici nei wet market, divieto che è stato successivamente sospeso, per poi essere reintrodotto quest’anno quale misura restrittiva per contenere la pandemia di Covid-19.
Sin dall’inizio, si è ipotizzato che la compresenza di pangolini e pipistrelli nelle precarie condizioni igieniche tipiche dei mercati di questo tipo e la contaminazione di venditori e clienti con sangue e organi interni di animali detenuti in modo malsano, o macellati sul posto al momento della vendita, abbiano offerto al virus la possibilità di mutare ed effettuare lo “spillover”, cioè il salto di specie, che si verifica quando una popolazione serbatoio ad alta prevalenza di agenti patogeni entra in contatto con una nuova popolazione ospite di una specie differente. Il salto di specie non è un evento raro, basti pensare che i due terzi dei virus umani sono zoonotici (le zoonosi sono malattie che si trasmettono dagli animali all’uomo). Tuttavia, le successive ispezioni effettuate nel mercato hanno escluso categoricamente la presenza di pipistrelli in vendita.
Verosimilmente, ammesso che l’origine dello spillover sia davvero riconducibile ai pipistrelli, il salto di specie potrebbe essere spiegato con il consumo di questi mammiferi, che è una tradizione che affonda le radici nel tempo. È stato, però, accertato che in quel mercato erano illegalmente venduti esemplari di Pangolini (genere Manis, otto specie conosciute), unici mammiferi con le squame conosciuti anche col nome di “Formichieri squamosi” (inseriti nella Red List dell’IUCN perché considerate “specie in pericolo critico di estinzione”), dai quali è ragionevole ipotizzare che sia avvenuto il salto di specie, perché il genoma del virus rinvenuto nei pangolini, che si suppone essersi sviluppato originariamente nei pipistrelli, è identico al 99% al coronavirus riscontrato nelle persone infette.
Viene da chiedersi come mai i cinesi diano questa sconsiderata caccia al mite Pangolino, al punto che è, oggi, l’animale più contrabbandato al mondo. I motivi sono due: per la carne, che è considerata una vera e propria prelibatezza; per le squame della sua “corazza”, che sono fatte di cheratina (la stessa sostanza delle unghie di tutti i mammiferi) e sono utilizzate dalla medicina orientale, ma secondo la tradizione popolare sono ritenute la panacea di molti malanni umani. Il commercio del pangolino è illegale dal 2016, anno in cui una risoluzione della Convenzione Internazionale che regola il commercio delle specie animali e vegetali minacciate di estinzione (Cites) ha messo al bando qualsiasi tipo di commercio di parti o derivati delle otto specie di pangolino esistenti al mondo.
Nei mesi trascorsi, abbiamo imparato che il nome “coronavirus” deriva dalla presenza di strutture superficiali a forma di corona provviste di “glicoproteine spike”, che si legano ai recettori cellulari dell’ospite, il quale viene così infettato con un meccanismo tipo chiave-serratura. Ebbene, le glicoproteine di superficie dei coronavirus Sars-like presenti nei pipistrelli non hanno la capacità di legarsi efficacemente ai recettori posti sulla superficie delle cellule umane, si tratta cioè di forme virali innocue per l’uomo. In altre parole, il passaggio diretto del virus dal pipistrello all’uomo non provocherebbe alcuna patologia. Gli scienziati ipotizzano che il salto dall’animale all’uomo implicherebbe una modifica di tali strutture in modo da farle divenire compatibili con le cellule umane, modifica che avviene sicuramente in un ospite intermedio appartenente a un’altra specie, che come abbiamo detto prima è il pangolino. Lo conferma il fatto che i virus individuati nei Pangolini importati illegalmente in Cina sono risultati affini al nuovo Coronavirus. Poi, siccome i cinesi utilizzano il pangolino sia a scopo alimentare, sia nella farmacopea tradizionale, si spiegherebbe come sia potuto avvenire il passaggio dall’animale selvatico all’uomo.
I pipistrelli cinesi ed europei, dunque, sono incolpevoli. Ciò nonostante, quando tutto sarà finito e ci potremo considerare salvi dal pericolo Covid-19, rischiano seriamente di fare una brutta fine, le prossime vittime, potrebbero essere proprio loro, i pipistrelli. A ucciderli, però, non sarà un virus, ma l’ignoranza di coloro che non conoscono la biologia di questi piccoli mammiferi capaci di volare attivamente nell’oscurità completa e che si nutrono prevalentemente di insetti, molti dei quali sono nocivi all’agricoltura e alla nostra salute.
Da sempre, i pipistrelli sono stati ingiustamente temuti e tenuti lontano dalle nostre case, perché sul loro conto circolano credenze popolari del tutto infondate o addirittura false, mai sradicate del tutto. Ecco, qui di seguito, un campionario di idiozie, alcune delle quali sono davvero crudeli nei confronti dei pipistrelli: se urinano sui capelli di un uomo inducono una immediata calvizie nel malcapitato; si afferrano ai capelli delle donne senza più riuscire a districarsi; si nutrono di sangue umano; un pipistrello vivo inchiodato sull’uscio di casa preserva la casa dagli spiriti maligni; mettendo alcune gocce di sangue di pipistrello sotto il guanciale di una donna si favorisce il concepimento; sono un ingrediente per preparare una pozione che tiene lontani formiche, bruchi, cavallette ed è un ottimo antidoto contro il morso di un serpente; il sangue di pipistrello serve per preparare pozioni afrodisiache; trafiggendo un pipistrello e badando che rimanga vivo, unendo poi il dorso dell’animale al proprio e stringendoselo poi al petto sino alla sua morte, ci si preserva dall’itterizia; di notte i pipistrelli penetrano nelle case per succhiare il sangue ai bambini e per accecare le persone; l’arrivo dei pipistrelli preannuncia una disgrazia o l’arrivo di una tempesta; di notte, l’anima del dormiente lascia il corpo sotto forma di pipistrello per poi ritornarci al mattino seguente; per rendere l’amata malleabile è utile mettere alcuni peli di pipistrello in una bevanda da offrirle oppure sfiorarla con un osso di pipistrello, ovviamente senza farsi notare; per vedere al buio ci si deve spalmare la faccia con sangue di pipistrello. E, ancora: nell’antico Egitto, si credeva che mescolando l’urina del pipistrello con la bile di una carpa del Nilo e il succo della ruta selvatica si potessero curare i disturbi visivi; nei Paesi arabi, si riteneva che per curare l’ischialgia occorresse ingerire pipistrelli cotti in olio di sesamo, per l’asma, invece, era meglio cuocerli in olio di gelsomino; in India, la pelle appena estratta dei pipistrelli sarebbe un ottimo rimedio per lenire i dolori provocati dal colpo della strega e dai reumatismi.
Né si può dire che la chiesa cattolica sia stata tenera nei confronti di queste povere bestiole. Il diavolo, infatti, è sempre stato raffigurato con le nere ali di un pipistrello, mentre gli angeli portano alle loro spalle le ali di candide colombe. Una voce fuori dal coro è quella del Moretto, al secolo Alessandro Bonvicino, uno dei grandi pittori del primo Rinascimento bresciano che dipinse una Madonna con le ali di pipistrello! E, ancora, Gustavo Dorè come illustra le orribili Erinni Megera, Tisifone e Aletto che Dante incontra nell’IX canto dell’Inferno? Con le ali di pipistrello, naturalmente. Arthur Schopenhauer, il filosofo considerato uno dei maggiori pensatori dell’epoca moderna, si concede una licenza zoologica sostenendo che “Se la natura avesse destinato l’essere umano al pensare, non gli avrebbe dato gli orecchi, o almeno li avrebbe muniti di chiusure ermetiche, come ha fatto con i pipistrelli”.
Per fortuna, non tutti la pensano allo stesso modo. Per i cinesi, il pipistrello è simbolo di lunga vita e prosperità. Per loro, cinque pipistrelli disposti a stella figurano le cinque felicità: ricchezza, longevità, tranquillità, culto della virtù e buona morte. Purtroppo, i cinesi, apprezzano i pipistrelli pure a tavola. Gli appassionati di calcio avranno notato che sulle maglie della squadra spagnola del Valencia spicca la silhouette di un pipistrello. E, infatti, quale città al mondo ha per simbolo il pipistrello? Valencia, appunto, la terza città della Spagna, dopo Madrid e Barcellona, famosa per essere la patria della paella. Come mai, vien da chiedersi, è stata fatta una scelta così bizzarra preferendo, tra i tanti animali, proprio quello che secondo gli standard di bellezza umani occupa uno degli ultimi posti? Ebbene, i valenciani ritengono il pipistrello talmente importante da apparire pure nello stemma della città (un po’ come i catanesi che hanno eletto a loro simbolo l’elefante) perché, secondo una leggenda, che risale ai tempi della riconquista cristiana dei territori sotto il dominio degli Arabi, mentre i Cristiani assediavano la città, i guerrieri musulmani avevano in mente di attaccarli durante la notte, quando tutti dormivano. La sconfitta dei Cristiani sarebbe stata scontata, ma un pipistrello mandò all’aria l’attacco dei nemici, perché, volando, finì intrappolato in un tamburo. Il trambusto che provocò fu tale da svegliare i Cristiani negli accampamenti, i quali furono in grado sconfiggerli e di conquistare la città. Rimanendo nella penisola iberica, ma in Portogallo, la ridente città di Coimbra ospita una delle più belle e antiche università del mondo (fu fondata nel 1290), è talmente preziosa che l’Unesco, nel 2013, l’ha inserita nella lista del “Patrimonio dell’Umanità”. L’ateneo lusitano, all’interno, possiede un “gioiello” di rara bellezza: la biblioteca Joanina, in stile barocco, realizzata nel XVIII secolo durante il regno del re Giovanni V e che porta il suo nome. L’interno della biblioteca è illuminato dalla luce che proviene dai riflessi degli stucchi dorati. E, qui, di luce meno ne entra, meglio è, per i piccoli padroni di casa. Topi di biblioteca? No, si tratta di pipistrelli. Oltre all’importantissima collezione di antichi volumi, che comprende opere di Medicina, Geografia, Storia, discipline umanistiche, Scienze, Diritto, Filosofia e Teologia, e al contesto barocco di grande rilevanza storico-artistica, la particolarità di questo monumento nazionale portoghese è proprio la presenza di una colonia di pipistrelli che vive tra gli scaffali colmi di libri. Come mai non sono mai stati sloggiati? Semplicemente perché queste simpatiche bestiole contribuiscono a preservare i preziosi libri e documenti gelosamente custoditi, andando a caccia di tarli, tarme e altri fastidiosi insetti dalla spiccata predilezione per la carta.
Un posto di rilievo, i pipistrelli l’hanno sempre occupato nella letteratura, nelle favole, nell’arte, nel teatro, nel cinema, nei fumetti, nella filatelia, nella religione, persino nella storia. Sicuramente, l’associazione più comune con il pipistrello è quella con i vampiri (il conte Dracula docet), oppure quella di una strega nel suo antro intenta a preparare pozioni e filtri magici mentre lugubri e inquietanti pipistrelli svolazzano sopra la testa della vecchia megera. È altrettanto vero, però, che in altri casi i pipistrelli rappresentano un simbolismo positivo, come Batman, per esempio, il supereroe che protegge la città di Gotham e le cui gesta sono narrate nei fumetti e nella filmografia mondiale. In campo storico, una utilizzazione criminale dei poveri pipistrelli era prevista nel “Progetto x-ray”, il programma segreto americano di bombardamento con uccelli e pipistrelli nella seconda guerra mondiale. Il progetto fu portato avanti e i test furono assai promettenti. Purtroppo, per i militari statunitensi, ma per fortuna dei pipistrelli, i responsabili del progetto dichiararono che la loro arma sarebbe stata pronta nella seconda metà del 1945, cioè quando finirono le ostilità belliche. Altro progetto criminale fu quello secondo il quale i pipistrelli sarebbero dovuti essere protagonisti nel ruolo di incendiari! Dopo il distruttivo attacco giapponese di Pearl Harbour, gli americani idearono l’incredibile progetto di usare i pipistrelli per colpire le città giapponesi. Sulla carta, l’idea non era affatto peregrina, perché molti edifici delle città nipponiche erano costruzioni in legno, bambù e carta, facili da incendiare e gli impianti industriali erano disseminati ovunque, cioè erano obiettivi difficili da colpire con bombardamenti convenzionali. Ma perché utilizzare proprio i pipistrelli? Semplicemente perché i pipistrelli presentavano i seguenti vantaggi: sono in grado di trasportare più del loro peso corporeo; volano di notte; s’ibernano rendendo semplice la loro gestione e trasporto; negli Usa vi sono caverne che ospitano centinaia di migliaia di pipistrelli, che una volta catturati sarebbero stati dotati di una carica incendiaria e poi lanciati in speciali gabbie equipaggiate di paracadute dai bombardieri “B-24 Liberator”. Si pensi che una decina di B-24 potevano lanciare un milione di pipistrelli sul territorio giapponese in una sola notte. Secondo i calcoli degli esperti militari americani, i simpatici “topi volanti” durante le ore diurne avrebbero cercato rifugio all’interno di case, solai e altre costruzioni, fino al momento in cui un timer avrebbe fatto detonare il pipistrello-bomba e incendiato l’area circostante. Per fortuna dei pipistrelli, neppure questo criminale progetto fu portato a compimento.
In primavera, al loro risveglio dopo la loro lunga ibernazione invernale, e in estate guardiamo i pipistrelli con benevolenza mentre volano sopra le nostre teste, sono animali amici, capaci di divorare fino a tremila zanzare in una sola notte, un insetticida naturale (o biologico, come si dice quando non c’entra la chimica), che ci libera di queste e di altre specie di insetti che potrebbero nuocere alla nostra salute. A costo zero.